Caro fratello Giuseppe,
prima di tutto grazie delle sue domande. Proverò qui a dare una risposta, seppur i vari temi, che tratto più approfonditamente nei miei libri, sono più complessi e vasti.
Per quanto riguarda il destino dell’anima dopo la morte e l’aldilà, la Bibbia ci dà poche ma chiare indicazioni, alcune delle quali prenderemo in considerazione per fare luce su alcuni punti.
- Gesù, in Matteo 10:28, fa un’illuminante affermazione circa l’anima:
“Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella geenna”.
Da questo versetto si ricavano almeno tre concetti:
1. l’anima sopravvive alla morte del corpo
2. l’anima può essere uccisa solo dalle fiamme dello stagno di fuoco (la geeenna)
3. l’anima, di conseguenza, non è immortale.
Il termine greco di Matteo 10:28 tradotto con “perire” è “apollumi”, che non significa “perire”, cioè morire, ma annientare, disintegrare. Quindi nello stagno di fuoco l’anima dei malvagi sarà annientata; cioè subirà una morte da cui non ci sarà resurrezione perché non esisterà più:
“Poi la morte e l’Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco”. (Ap. 20:14)
Su questo punto la Scrittura è molto chiara.
- Dove va l’anima dopo la morte?
In Luca 16:19-31 Gesù racconta una parabola ambientata nel mondo dei morti. Egli ci parla di un ricco egoista e senza misericordia che una volta morto va in un luogo di tenebre chiamato Ades, e di un povero che mendicava alla mensa del ricco senza nulla ricevere che, una volta morto, viene condotto dagli angeli nel seno d’Abrahamo, dove vive nella pace e nella consolazione.
Gesù, quindi, ci dice con molta chiarezza che i malvagi andranno in un luogo di oscurità e di tormenti (tralascio se si tratti di oscurità e di tormenti “fisici” o dello spirito), mentre i giusti andranno in quello che gli ebrei (almeno quelli della corrente di pensiero maggiormente diffusa ai tempi di Gesù) chiamano “seno d’Abrahamo” o “paradiso inferiore”.
Non si tratta del paradiso di Dio, cioè del Cielo, ma di un luogo, presumibilmente bello (paradiso vuol dire giardino) dove dimorano le anime dei giusti in attesa della risurrezione. Quando Gesù ha detto al ladrone sulla croce: “Oggi sarai con me in paradiso”, si riferiva proprio al paradiso inferiore, quello del regno dei morti.
Che la risurrezione sia un fatto reale risulta da tutta la Bibbia. Ne parlano il profeta Daniele, gli evangeli, le lettere apostoliche e il libro dell’Apocalisse.
In tutta la Scrittura sono riportati esempi di persone risuscitate, ma bisogna distinguere tra la risurrezione “parziale” e quella a vita eterna, cosa che avverrà alla fine dei tempi. Si tratta infatti di due realtà diverse. I risuscitati dagli antichi profeti e dallo stesso Gesù non hanno avuto una risurrezione a vita eterna ma a questa vita, cioè a una vita a termine. Si tratta di un dono che è stato loro fatto, una concessione, un prolungamento del tempo loro assegnato su questa terra. Infatti, poi, sono morti. Ma quando Gesù ritornerà i giusti risusciteranno con corpi immortali e vivranno per sempre, insieme ai giusti ancora viventi, con lui:
“Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo trasformati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati. Infatti bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità e che questo mortale rivesta immortalità”. (Cor. 15:51-53)
Presso molte culture pagane si parla di un aldilà; questo, tuttavia, è ben diverso da quello suggerito dalla Sacra Scrittura. In diverse civiltà si ritrovano credenze religiose e principi morali simili a quelli della Bibbia. Ciò è dovuto al fatto che dopo il peccato e la cacciata dall’Eden, Dio non ha abbandonato l’umanità ma l’ha guidata (secoli prima della nascita del popolo ebraico) dandole insegnamenti e prescrizioni. Tali principi, con il tempo si sono corrotti o comunque modificati presso questi popoli, ed è per questo motivo che il Signore si è scelto il popolo ebraico a cui affidare per iscritto la sua volontà che, nel corso dei secoli, si è diffusa in tutto il mondo giungendo fino a noi.
- Come mai i risuscitati, come ad esempio Lazzaro, non dicono nulla dell’aldilà?
È più giusto dire che gli evangelisti non riportano le eventuali esperienze post mortem dei risuscitati. Questo perché lo scopo dei vangeli è un altro. Gli autori dei vangeli avevano un solo ed unico obiettivo: far conoscere gli insegnamenti e i fatti della vita di Gesù e dimostrare, alla luce delle Scritture, che egli era il Messia promesso. Lo scopo degli evangelisti e degli apostoli era quello di annunciare il perdono e la salvezza a vita eterna grazie al sacrificio espiatorio di Gesù sulla croce e alla sua risurrezione. Il resto, di fronte a una tale realtà, era del tutto irrilevante.
Un caro saluto,
prof. Roberto Sargentini