Più avanti nel libro parla anche delle festività ebraiche? Perché ritiene possano essere ancora importanti per i cristiani?

Si parla di festività ebraiche, ma è sbagliato. Quelle sono festività bibliche che Dio ha affidato, come per tutta la Bibbia, al suo popolo Israele perché a sua volta le facesse conoscere a tutto il mondo. Queste festività sono importanti sia per gli ebrei che per i cristiani per vari motivi: in primo luogo sono feste comandate da Dio e, se come si insegna, è buono e giusto obbedire a Dio, ne consegue che vanno osservate. In secondo luogo sono feste profetiche che parlano del Messia e annunciano il piano della salvezza in tutta le sue varie tappe. In terzo luogo sono festività che saranno osservate anche nell’eternità, nei nuovi cieli e nella nuova terra, esattamente come sarà osservato il sabato, secondo quanto afferma il profeta Isaia (Is. 66:22,23). Isaia parla di noviluni con chiaro riferimento alle feste bibliche. Stando così le cose ritengo che ogni cristiano sia tenuto ad osservarle.

Nelle pagine finali de “Il Figlio d’Israele” dedica un capitolo intero al giorno esatto della morte di Gesù. Perché la questione è così rilevante?

È rilevante perché è servito, e serve tuttora alla maggior parte delle chiese – e non solo a quella cattolica -, per giustificare la sostituzione del sabato con la domenica come giorno di riposo. Anche in questa operazione si è nascosto, nei secoli, un forte sentimento antiebraico. Il sabato è il cuore della legge del Sinai, in particolare del decalogo con il quale il Dio di Israele stabilisce il riposo sabatico come memoriale della creazione.

Il messaggio veicolato dalle chiese dei Gentili è che se Gesù è risuscitato di domenica, questa è diventata il nuovo sabato; quello di Cristo che rinnega il sabato della legge ebraica (che poi è la Legge di Dio) e con lui anche il popolo che osserva quella legge (il popolo ebraico che Dio si è scelto) che Dio avrebbe sostituito con il suo nuovo popolo, il popolo cristiano.

Peccato che la Bibbia e gli scritti apostolici neghino questa sostituzione, sia del giorno di riposo che del popolo ebraico con il popolo cristiano, e spieghino che il Signore per mezzo di Gesù ha riservato a chi crede un riposo di sabato (Ebr. 4:9-10). Inoltre l’apostolo Paolo, contrariamente a quanto ha insegnato la cristianità per duemila anni, afferma che il Signore non ha rinnegato Israele, anzi il contrario, e specifica che i pagani che accettano Gesù sono innestati da Dio stesso nel tronco d’Israele (Rm. 11). È la fede ebraica – fatta di leggi, prescrizioni e promesse – data da Dio che li nutre e li tiene in vita ed è grazie a questo innesto che sono entrati a far parte del patto d’Abraamo e del popolo d’Israele (Gal. 3:28; Ef. 2:12).

Poi c’è il fatto determinante che Gesù ha detto che sarebbe stato nella tomba tre giorni e tre notti, non un giorno e mezzo come pretendono le chiese. Perché la cosa fosse chiara, Gesù ha richiamato all’attenzione di chi lo ascoltava l’episodio del profeta Giona che è rimasto tre giorni e tre notti nel ventre del pesce (Mat. 12:40). Inoltre se si esaminano attentamente i fatti che hanno preceduto la crocifissione di Gesù, ci si rende conto che egli non è risuscitato di domenica ma molte ore prima e che l’angelo quella mattina scoperchiò una tomba vuota. Questi e altri particolari sono analizzati e spiegati piuttosto chiaramente nel libro.

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