Ci sono dei brani della Bibbia, soprattutto dell’apostolo Paolo, che vengono usati spesso impropriamente e recitati come dei mantra. Uno di questi è il seguente: “Non siete sotto la legge ma sotto la grazia” (Rm. 6:14).
La conclusione dei più è che se siamo sotto la grazia le legge è abolita. Però se si legge il versetto per intero, ci si rende conto che Paolo sta dicendo tutt’altra cosa: “Infatti il peccato non avrà più potere su di voi; perché non siete sotto la legge ma sotto la grazia”. Non è la legge di Dio che è abolita in Cristo Gesù, ma la legge del peccato che regna dentro di noi.
Stesso discorso vale per un altro versetto molto abusato: “Se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge” (Gal. 5:18). Basta leggere i versetti che precedono e quelli che seguono il verso 18 per rendersi conto che l’apostolo sta parlando, ancora una volta della legge del peccato:
“Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge. Ora le opere della carne sono manifeste”. (Gal. 5:17-19)
È opportuno ribadirlo: la libertà di cui parla Paolo non è dalla legge di Dio, ma dalla legge del peccato, di cui tratta più diffusamente in Romani 8. […] vorrei soffermarmi su un’espressione dell’apostolo che spesso viene usata come prova conclusiva che chi accetta Cristo non è tenuto ad osservare la Torah, la legge di Dio:
“Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce”. (Cl. 2:13-14)
Quella di cui sopra non è la prova provata che la legge è stata abolita, ma l’esatto contrario. Paolo sta parlando del perdono del peccatore, della grazia che gli viene fatta, della vita che gli viene data malgrado la legge stabilisca che deve morire: “Il salario del peccato è la morte” (Rm. 6:23). Questo perdono viene dato perché Gesù è morto sulla croce per l’umanità, perché nella morte ha distrutto i nostri peccati. È in virtù di questo sacrificio espiatorio che chiunque confessa le proprie colpe riceve la grazia, cioè il perdono. Ma se c’è grazia c’è anche una legge che è stata violata. Senza una legge non c’è violazione, e la grazia non è necessaria. Se oggi Dio ci fa grazia e ci perdona è perché la sua legge è lì, viva e vigente.
Come procede Dio nel darci la grazia? Ebbene, quando un peccatore si pente e confessa i suoi errori, il Signore guarda alla croce di Cristo e in virtù di quel sacrificio abolisce, in quella circostanza e per quel peccatore, la legge che lo condanna a morte e gli concede la grazia, cioè lo perdona, lo rende libero dal peccato e gli promette – se cammina da giusto – la vita eterna. Ma se una volta perdonato persevera nel peccato, la legge è sempre lì, pronta ad accusarlo e a condannarlo di nuovo. È proprio per rompere questo circolo vizioso che Gesù oltre a liberarci dalla condanna della legge (questo vuol dire essere sotto la legge) ci dà lo Spirito Santo che, mediante la sua potenza, ci permette di vivere secondo la volontà di Dio espressa dalla legge (questo è vivere sotto la grazia):
“Ora dunque non c’è più nessuna condanna per quelli che sono uniti a Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà la vita per mezzo di Cristo Gesù, mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Per togliere il peccato, Dio ha mandato suo Figlio in una condizione simile alla nostra di uomini peccatori, e ha condannato il peccato. In questo modo Dio ha compiuto quel che la legge di Mosè non poteva ottenere a causa della debolezza umana; e in noi si compie quel che la legge comanda perché non viviamo più nella debolezza ma siamo fortificati dallo Spirito”. (Rm. 8:1-4)